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SAN SEVERO E I SUOI GHETTI: Dobbiamo per forza aspettare che ci scappi il morto?

SAN SEVERO E I SUOI GHETTI: Dobbiamo per forza aspettare che ci scappi il morto?

Su un noto Quotidiano di oggi dà voce a tutte le perplessità che a suo tempo espressi sullo sgombero del Gran Ghetto di Rignano, sbandierato ai quattro venti come operazione epocale, ma che, è sotto gli occhi di tutti, non ha prodotto chissà quali risultati.

Attualmente, nelle campagne in cui esso sorgeva, le baracche sono state semplicemente sostituite dalle roulottes, mentre le strutture di casa Sankara e dell’Arena, a loro volta assolutamente inadeguate, previste come temporanee e perciò da smantellare entro Pasqua, sono ancora lì: ghetti piccoli in parziale sostituzione di quello grande. I caporali continuano nella loro illegale opera di mediazione, a riprova del fatto nessun progetto di inclusione è stato messo a punto o almeno immaginato per questa gente, che vaga senza meta per le strade di San Severo.

Il disagio di don Andrea Pupilla – direttore della Caritas diocesana – la dice lunga sulle inefficienze della regione, che dopo la tragica e prematura scomparsa di Stefano Fumarulo ha perso qualsiasi referente e qualsiasi progettualità in tema di accoglienza migranti, e mette nero su bianco una tristissima realtà: era più facile aiutare questa gente nel Gran Ghetto, dove almeno erano tutti fisicamente concentrati e l’acqua era disponibile, non ora che sono dispersi in parecchi piccoli ghetti impossibili da controllare.
San Severo è già in preda alle convulsioni interne, la crisi dell’edilizia ha prodotto, a cascata, quella dall’artigianato di qualità che dalla stessa traeva indotto e il mercato del lavoro agricolo è drogato proprio dalla massiccia immissione di extracomunitari africani, alcuni dei quali, a detta dei sanseveresi e non solo, ostentano un tenore di vita incongruo, che alimenta indicibili sospetti sul loro effettivo ruolo all’interno della comunità dei migranti. In queste condizioni, non ci si può meravigliare per l’intolleranza generata dai centri cittadini in cui è raccolta e stoccata tanta gente per la quale non c’è futuro, né vi sono controlli e verifiche sugli standard di accoglienza, come lamentato sulla Gazzetta da don Andrea.

La Regione ed Emiliano sono immobili, il Sindaco e Presidente della Provincia nulla osservano od eccepiscono.

Signore – se c’è un Signore – abbi pietà della città abbandonata a sé stessa e anche dei poveracci di tutte le etnie che, in queste condizioni, da un lato alimentano gli sfruttatori di ogni colore, dall’altro sono fatalmente preda di chi chi fa politica alimentando le peggiori spinte razziste e xenofobe.
“Quousque tandem abutere, Emiliane, patientia nostra? Quamdiu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?”
E’ possibile che i limiti a San Severo vengano delimitati necessariamente da uno o più morti?

Di Mariella Di Monte: Politically Incorrect

MdM – Politically Incorrect – 5 agosto 2017

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